martedì 17 aprile 2012

Un luogo fuori dal tempo!

Il villaggio Crespi, a Crespi d'Adda, sembra essere stato trasportato lì grazie a una sorta di tunnel spazio-temporale, che ha bloccato il tempo in una sorta di dimensione parallela, strana e affascinante.
La storia del Villaggio Crespi è tutta da conoscere.

Un uomo, visionario, a fine '800 creò un moderno "Villaggio ideale del lavoro", accanto al proprio opificio tessile, che era posizionato lì per poter sfruttare l'acqua dell'Adda.


Una vera a propria cittadina, costruita dal nulla.
Case, ma anche scuole, dei bagni comuni con una piscina di acqua riscaldata, un luogo di ritrovo per il dopo lavoro. Il villaggio degli operai, le case dei dirigenti, le ville del parroco e del medico che, dall'alto, vegliavano sugli abitanti. E un vero e proprio castello per i proprietari...




Un cimitero con al centro un vero e proprio mausoleo per la famiglia Crespi...



Un luogo dove passano pochissime auto, e si può camminare tranquillamente curiosando tra le stradine. Qui pare che il tempo si sia fermato. Oppure, a volte, si ha la sensazione di essere catapultati in uno di quei film come "The Truman Show" dove tutto è così perfetto e preciso che non può che essere finto.
Un luogo sicuramente affascinante, tanto più che ancora oggi le casette sono abitate, spesso dai nipoti di coloro che, al cotonificio Crespi, ci hanno anche lavorato.

 
E allora viene alla mente il Memoriale di Volponi, dove la fabbrica è un luogo nemico eppure, in qualche modo, diventa una Casa:

Tutto sommato, compresa la mia solitudine o meglio la mia differenza dagli altri, i primi giorni di lavoro non furono brutti giorni; anzi molte cose mi piacevano e mi confortavano: così la mensa, gli spogliatoi, le docce, i grandi corridoi, le luci al neon dentro e fuori, il veder passare alti e silenziosi tanti ingegneri e dirigenti che mi facevano sentire al sicuro, in una fabbrica ben governata. Pensavo con piacere, anche se con il timore di non esserne degno, di far parte di un’industria così forte e bella e che la sua forza e la sua bellezza fossero in par­te mie e pronte ad aiutarmi, così come la fabbrica mi scaldava e mi dava luce.Amavo a poco a poco la fabbrica, sempre di più man mano che m’interessava meno la gente che vi lavorava. Mi sembrava che tutti gli operai avessero poco a che fare con la fabbrica, che fossero o degli abusivi o dei nemici, che non si rendessero conto della sua sovrumana bellezza e che proprio per questo, lavorando con più fracasso del necessario, parlando e ri­dendo la offendessero deliberatamente. Mi sembrava che si divertissero a guastarla e a sporcarla, a voltarle le spalle ogni momento. La fabbrica mi appariva sempre più bella e mi sembrava che si rivolgesse direttamente a me, come se fossi l’unico o uno dei pochi in grado e ben disposti a capirla.








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